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Come fiori

Luglio 16, 2010 - arte
Come fiori

Bisogna toccare la realtà con mano, almeno una volta per restare incollati a delle storie che vengono cancellate dopo essere state pazientemente scritte nei dettagli e intensamente vissute.

Se ti allontani per vedere meglio il paesaggio delle nostre esistenze, ad ogni passo tutto sparisce.

Scopri che è tutto così come ti appare, soltanto per oggi, capisci come svanisce l’importanza del presente reale, e la concretezza che lo afferma perpetuamente con un SI davanti ad ogni situazione di bellezza o dolore e orrore.

Questo spettacolo nel quale sei immerso che è la tua vita è un frammento che da solo non ha consistenza nella sfera del reale, il passato, il futuro, gli attori sono parzialmente intercambiabili.

Solo allora ti accorgi di essere uno di miliardi di persone proprio come te, e gli oggetti, i sogni, i desideri, le speranze di cui ti circondi, gli amici con cui condividi i nutrienti attimi che saziano i giorni -che per te rappresentano un giaciglio di pace nelle scomode stanze dell’esistenza tra le quali ti aggiri-hanno la stessa caducità di tutte le cose che vedi fuori: gli uomini, le piante, i fiori.

Siamo come fiori perché siamo bellissimi, e come i fiori scompariremo senza lasciare traccia. I fiori sono anche il simbolo dell’affetto che ci lega ai nostri morti. Siano essi freschi, di plastica, seccati o marciti, diventano una forma di orologio, che misura il tempo che passa e cancella giorno dopo giorno il ricordo del defunto in senso fisico.

Resta dentro di noi la persona perduta, che vaga come un fantasma, come un abbaglio di luce che quando ritorna, acceca.